sabato 16 febbraio 2008

La prima nota dei concerti indipendentisti


Stando alle premesse, domani il Parlamento di Pristina dovrebbe dichiarare l'indipendenza del Kossovo dalla Serbia. Si tratta di una decisione che viene da lontano, l'ultimo atto di un processo che ha condotto, da diciassette anni a questa parte, alla disgregazione della Jugoslavia. L'indipendenza del Kossovo, infatti, segue a distanza di tempo la secessione di Slovenia, Croazia, Bosnia, Macedonia e Montenegro dal potere centrale di Belgrado. Le ambizioni secessioniste sono sempre state giustificate dalle differenze etniche, linguistiche, culturali e religiose tra il Kossovo e la Serbia. Il primo è popolato in prevalenza da albanesi di fede islamica, mentre la seconda da serbi di religione cristiano-ortodossa. Tenendo conto di questi criteri, non possono essere sollevate eccezioni circa la volontà indipendentista di quella regione. Se il principio dell'autodeterminazione dei popoli trova rigorosa applicazione in favore dei kossovari, onestamente si fatica a comprendere perché ciò non trova applicazione riguardo ai Paesi baschi, all'Alto Adige, alla Cecenia, al Kurdistan e all'Irlanda del Nord. Si tratta soltanto di una serie di esempi, ma i casi di popoli inglobati in Stati a matrice etnico-culturale differente sono molto numerosi. La Russia ha messo in guardia il mondo di fronte all'imminente dichiarazione di indipendenza del Kossovo, osservando che si crea, in tal modo, un precedente pericoloso per la stabilità mondiale. In ciò c'è del vero. Come sarà possibile, in futuro, spiegare ad un ceceno (o ad un appartenente ai popoli testé citati) che un kossovaro ha potuto ottenere una patria indipendente e lui, invece, dovrà continuare ad essere cittadino di uno Stato di cui non si sente parte?

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